Buoni pasto 2025, la riforma che tutti aspettavano e finalmente pronta: dal 1° settembre saranno più convenienti per i lavoratori

Buoni pasto 2025, la riforma che tutti aspettavano e finalmente pronta -retemusealedeisibillini.it
Dal 1° settembre entra in vigore la riforma dei buoni pasto: commissioni ridotte al 5%, vantaggi per i commercianti e possibile estensione della soglia esentasse a 10 euro.
Con il via libera al nuovo Ddl Concorrenza, il sistema dei buoni pasto sta per cambiare profondamente. A partire dal 1° settembre, una riforma attesa da anni metterà un limite alle commissioni imposte dagli emettitori, coinvolgendo circa 3,5 milioni di lavoratori e decine di migliaia di esercenti. Il provvedimento avrà ricadute significative soprattutto per i bar, ristoranti e supermercati che ogni giorno accettano ticket per i pasti, e che finora hanno dovuto sopportare costi anche molto elevati per ricevere i rimborsi.
Commissioni bloccate al 5% e nuove regole per i rimborsi
Il cuore della riforma riguarda l’introduzione di un tetto massimo del 5% alle commissioni che le società emittenti possono applicare agli esercizi commerciali. Oggi, in molti casi, queste trattenute arrivano anche al 20%, erodendo in modo pesante il guadagno di chi accetta i buoni. Dal 1° settembre, però, ogni ticket, anche se emesso prima di quella data, dovrà essere rimborsato secondo le nuove condizioni.

Per dare il tempo alle parti di adeguarsi, è stata fissata una scadenza al 31 agosto per la rinegoziazione degli accordi in corso. Se tutto rimane invariato, un bar che oggi incassa 8 euro da un cliente con buono, potrebbe ritrovarsi con soli 6,40 euro in cassa dopo le commissioni. Con il nuovo limite, perderà al massimo 40 centesimi, incassandone 7,60. Secondo Anseb, l’associazione delle aziende emittenti, l’impatto sulla redditività sarà notevole: si stimano tra i 60 e i 120 milioni di euro di Ebitda in meno già nel 2025.
I benefici, però, si riverseranno su una platea ampia: si stima che gli esercenti otterranno fino a 400 milioni di euro in più ogni anno. E questo potrebbe incentivare molti di loro ad accettare i buoni pasto, ampliando la rete a disposizione dei lavoratori.
Effetti indiretti per i lavoratori e proposta di innalzamento a 10 euro
Per i dipendenti, almeno nel breve termine, nulla cambia sul valore nominale dei buoni. Restano gli 8 euro esentasse previsti dalla legge, non soggetti né a contributi né a imposte. Ma proprio questa nuova situazione apre la porta a un possibile allargamento dell’accettazione sul territorio, visto che per i commercianti diventa meno oneroso far parte del circuito.
Con più locali aderenti, la concorrenza aumenterà, e questo potrebbe portare non solo a un miglioramento del servizio, ma anche a una riduzione dei prezzi. Una prospettiva interessante, soprattutto dopo anni di rincari. Secondo dati ISTAT, il costo dei beni alimentari è salito del 28% nell’ultimo quinquennio, rendendo sempre più difficile pranzare con soli 8 euro.
Proprio per questo, da più parti si chiede di alzare la soglia esentasse a 10 euro al giorno. La stessa Anseb, che rappresenta gli emettitori penalizzati dalla riforma, spinge per questa soluzione come compensazione. Per lo Stato non sarebbe un aggravio di spesa, dato che questi 2 euro in più non impattano sugli stipendi e quindi non riducono il gettito Irpef. Anzi, potrebbero generare un aumento dei consumi e quindi un ritorno fiscale attraverso l’IVA.
Il governo non ha ancora dato segnali concreti, ma il dibattito è aperto. A oggi, l’innalzamento del tetto sembra la via più rapida e concreta per ridare potere d’acquisto a milioni di lavoratori, offrendo al tempo stesso un margine di manovra alle aziende che emettono i buoni. Resta da capire se le nuove regole verranno applicate anche ai ticket degli anni passati, e se ci sarà spazio per ulteriori modifiche nei prossimi mesi.